La Storia di Torre del Greco
di Ciro Di Cristo (per sua gentile concessione)
18 pagine di testo e 28 immagini

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Veduta di Ercolano com'era 20 secoli fa in una ricostruzione ideale.
 (foto tratta da "I segreti del Vesuvio" di Sara C. Bisel).

IN PRINCIPIO ERA SOLO ERCOLANO COL SUO TERRITORIO. 
L'ERUZIONE VESUVIANA DEL 79 D.C.

Al centro del golfo dominato dal Vesuvio era, nell’età antica, Ercolano, piccola città a 6 miglia romane a sud-est di Napoli, su un promontorio vicino al mare, delimitato da due fiumicelli originariamente centro degli Osci, popolazione italica stabilitasi in Campania, subì nel VI sec .a C. l’egemonia dei Greci che da Cuma dominavano tutta la costa del golfo con Pozzuoli, Napoli, Pompei e prese il nome greco di Heràklion, in onore di Eracle o Ercole.
In tale periodo ebbe la pianta topografica di una città greca con il sistema della "limitatio” creato dall’architetto Ippodamo di Mileto consistente in un tracciato di strade che s'incrociano orizzontalmente (decumani) e verticalmente (cardini) in modo da dividere gli isolati delle case in rettangoli uguali disposti in ordine 1’uno accanto all’altro. Conquistata alla fine del secolo V con tutta la Campania dai Sanniti discesi dagli Appennini, passò poi, nella II guerra sannitica, ai Romani che si espandevano verso sud, nel 326 o nel 308 e si chiamò latinamente Hrculaneum. Ribelle a Roma insieme a Pompei, Stabia e Sorrento nella guerra sociale promossa dagli Italici per ottenere la cittadinanza romana, venne conquistata nell’89 da un legato di Silla. Innalzata alla, dignità, di municipio e ricevuta una colonia romana, la città prosperò col commercio e con la pesca. 
I più agiati e illustri personaggi, attratti dalla bellezza del paesaggio e dalla mitezza del clima, la la preferirono come località di soggiorno: sorsero così, fuori la cerchia delle mura urbiche, lungo la strada consolare costiera che da Napoli conduceva Oplonti, (oggi Torre Annunziata N.d.R.) a Pompei e a Nocera, numerose ville palazzi, terme, borgate. Le ville, come ci documentano affreschi vedutistici rinvenuti negli scavi, s’innalzavano presso il mare o su ameni balsi, disoponevano di grandi terrazze, verande, belvederi, alcove verso l'ampia veduta del golfo, avevano portici e Corridoi, giardini e boschetti adorni di statue e fontane. Ebbe anche l’imperiale famiglia Giulio-Claudia una ”villa in herculanensi pulcerrima” posta presso il mare, a vista dei naviganti, che - come ci informa Seneca, De ira III, 21- Caligola fece distruggere perché ivi era stata relegata a Tiberio a sua madre Agrippina. E gli edifici si accomunavano a quelli stanziati lungo tutta la costa, da Miseno al promontorio di Minerva (Punta della Campanella).

 
   Ville romane presso il mare (affresco a Pompei).

 Questi edifici erano tanti che al geografo greco Strabone approdante dal mare diedero l’impressione di tutta una sola ed estesa città.(Geogr. V). Ma allo splendore seguì la rovina. Nel 62 o 63 d. C., durante il regno di Nerone, un violento terremoto faceva crollare in gran parte Ercolano, come Pompei, e arrecava gravi danni a Nocera, Stabia, Napoli, Pozzuoli.
Era il 24-25 Agosto del 79, regnando Tito, dopo diverse scosse sismiche, fra boati e scotimenti, il Vesuvio, rimasto quieto da tempo immemorabile tanto da non essere considerato nemmeno un vulcano, si sventrava e dava luogo ad una gigantesca eruzione. Testimone oculare ed egli stesso fuggiasco fu lo scrittore Plinio il Giovane che in quei giorni dimorava a Miseno e fece dello straordinario evento la descrizione vera e drammatica in due lettere inviate allo storico Tacito: una grossa nube somigliante ad un pino si era levata dal Vesuvio e lasciava cadere cenere e lapilli, mentre suo zio Plinio il Vecchio, famoso naturalista e comandante della flotta militare di stanza a Miseno, deciso ad osservare il fenomeno da vicino e a soccorrere una certa Matrona Rectina e la popolazione si mosse con delle navi verso la costa vesuviana; ma, ostacolato dalle avverse condizioni, deviò verso Stabia, dove, soffocato dalla pioggia di cenere ardente e dalle esalazioni di zolfo morì insieme a tanti fuggiaschi (1). Pompei, Oplonti, Stabia venivano sepolte da una pioggia di pietre pomici, sabbia vulcanica e cenere, mentre un’ingente massa di detriti accumulatasi intorno al cratere e sulle pendici del Vesuvio, mescolandosi alle acque che, assorbite allo stato di vapore si accompagnano sempre ad ogni convulsione vulcanica, formando un immenso torrente fangoso, discese con furia lungo la china del monte dalla parte di Ercolano e travolse al suo passare i campi, le ville e la città stessa sommergendola ed elevandosi fino ad un’altezza di 20-30 metri. L’intero territorio vesuviano rimaneva profondamente sconvolto e delle città si perdette il sito.