Napoli Greco-Romana
" Le Porte di Neapolis "
Poche
sono ormai le targhe che ci ricordano la presenza di quelle mastodontiche,
monumentali porte, i cui varchi consentivano l’ingresso in città. Abbattute
nei secoli, addossate ai palazzi, smembrate per esigenze costruttive nuove, se
ne è dispersa la memoria. Nate
come “pertugi” di un sistema difensivo indispensabile, hanno subito le
modifiche dei tempi e delle necessità urbanistiche e sociali. Quelle
che ancora restano a sostenere una cinta muraria ormai inesistente, forniscono
una vaga idea della struttura imponente di cui facevano parte. Sono
rimaste in quattro e di certo non passano inosservate: porta Capuana e Nolana,
porta San Gennaro e quella fatta erigere dal duca d’Alba presso l’ampio
emiciclo Carolino. Sono strutture spettacolari ed al loro confronto il tessuto
urbano moderno che le accoglie stona, come lo può fare uno strumento musicale
scordato.
Altra
porta era quella che chiudeva ad oriente il decumano inferiore, cioè la
Furcillensis entro la zona di Forcella, che al suo opposto aveva la porta Cumana
presso il largo San Domenico Maggiore. Di questa porta si ebbe notizia intorno
al seicento quando, in occasione dei lavori per la realizzazione delle
fondamenta della guglia del santo di Guzman, il Picchiatti, allora architetto
responsabile dell’opera, scoprì i resti d’un tratto murario greco-romano
appartenente all’antica porta, scoperta che egli stilò accuratamente entro un
registro poi reso noto. Sta di fatto che i lavori alla guglia si dovettero
interrompere per essere poi ripresi nel settecento ad opera di Domenico Antonio
Vaccaro. Presso la chiesa dei Ss. Apostoli era situata la porta Carbonara che
serrava ad est il decumano superiore, il quale ad ovest aveva la porta Romana.
Questo tracciato di porte che delimitavano i decumani era assai in uso presso i
greci e i romani, in quanto tutta la struttura urbana si rifaceva alla tavola
ippodamea che organizzava la città con uno schema a tre filoni principali
chiusi da porte appunto, tagliati da vicoli detti
in latino cardini. Delle
porte che ancora possiamo ammirare, per chissà quale fortuna storica, quella Capuana
senz’altro rappresenta l’esempio più straordinario ed efficace non solo del
gusto rinascimentale a Napoli, ma anche del simbolismo assunto per trasmettere
la magnificenza della casa d’Aragona che la fece erigere. Difatti questa
diventa sostanzialmente una struttura rappresentativa e celebrativa allo stesso
tempo. E lo fa con stemmi, epigrafi, archi e cartigli, sculture, putti e
vittorie, assolutamente emblematiche, dovendo enunciare la vittoria di Ferrante
sui baroni ribelli e dovendo peraltro celebrare la sua incoronazione di re.
Esemplificative in questo senso sono le dimensioni della struttura che in
origine raggiungeva i venticinque metri, divenuti poi ventitrè con il
progressivo innalzamento del suolo stradale. Ferrante
volle affidare il compito di ricostruire la porta Campana a Giuliano da Maiano
il quale, proveniente da Firenze, iniziò dal 1484 a lavorare a Napoli, insieme
al fratello Benedetto. Giuliano
da Maiano comprese in fretta le esigenze del regnante, pertanto progettò
l’opera in splendido marmo bianco di Carrara, di cui ancora è totalmente
rivestita, disegnandola come un vero e proprio arco di trionfo. La porta fu
iniziata intorno al 1488 e terminata nel 1495, in quanto alla visita di Carlo
VIII a Napoli, la struttura era già in piedi. Il da Maiano studiò un sistema
molto semplice, eppure elegante ed imponente. La porta si organizza su due
pilastri laterali in stile corinzio, su cui s’accosta il fornice dell’arco
decorato con un bassorilievo scolpito con trofei d’armi: elmi, corazze, spade
e scudi, tutto avvolto in nastri che si interrompono in cima all’arco, nel cui
centro campeggia la cosiddetta chiave dell’arco che segna il punto
equidistante tra le due parti, per poi proseguire nel lato opposto. Sovrapposto
a questo prendeva posto in loco alla trabeazione, il
fregio con la scena dell’incoronazione di re Ferrante, ovvero Ferdinando I,
che ebbe la sfortuna di evocare quella memorabile data per solo mezzo secolo,
dato che al suo trionfale ingresso in città nel 1535, Carlo V la fece eliminare
e sostituire con il suo stemma dell’aquila bicipite ad ali piegate. Ai due
estremi, in loco alle nicchie laterali, prendono posto le statue di
Sant’Agnello e San Gennaro.
Aaggiornata al 01/12/2014
Napoli Greco-Romana ® è un marchio senza
scopo di lucro.
E-mail:
masecla@alice.it
Tutti i Filmati sono di esclus
iva proprietà degli Autorinita Curci